Rivista Cani Utili n°268 - Novembre 2015
- Pubblicato in Razza Dogo Argentino
- Letto 3392 volte
- dimensione font riduci dimensione font aumenta la dimensione del font
- Stampa
Quando una razza canina vive, in un arco di tempo relativamente breve, una crescita numerica esponenziale, i suoi responsabili zootecnici (Allevatori e dirigenti del Club di razza preposto alla tutela) vivono una situazione di “rallegramento preoccupato”. Ho usato un ossimoro per chiarire meglio il concetto.
Gli Allevatori degni di tal nome, cioè quelli che operano un accurata selezione morfo caratteriale, possono crearsi una vantaggiosa continuità selettiva perché facilitati dall’ampia scelta che si può effettuare su un maggior numero di soggetti e risulta anche più agevole stimare il valore riproduttivo del singolo.
Per contro sappiamo tutti che una popolarità eccessiva attira i “moltiplicatori di cani” che, in quanto tali, sono adusi ad agire senza scrupoli e la razza può subire gravi danni. E questa situazione si determina perché il grande pubblico non sempre riesce a documentarsi e pensa di “risparmiare” acquistando dove capita un soggetto di sconosciuta provenienza e quasi sempre privo di certificato genealogico. Purtroppo non si è ancora riusciti a diffondere capillarmente i giusti canali culturali ed è tuttora difficile far capire agli incauti acquirenti che un cane privo di genealogia documentata è anche privo di valore commerciale. Per non dire del precario fattore sanitario.
Il singolo Allevatore non può da solo porre rimedio a questa situazione alla quale si può ovviare con una massiccia e martellante campagna informativa. In questo caso il mezzo telematico può rivelarsi un arma efficace ma talvolta controproducente. Nel senso che giustamente l’Allevatore nel proprio sito internet pubblicizza i suoi esemplari migliori, l’elenco dei campioni prodotti e altre notizie inerenti alla razza. E’ ovvio che sia così ma questo può “fuorviare” l’acquirente meno esperto che può passare oltre perché non interessato alle esposizioni.
Compete alla cinofilia organizzata e quindi anche al Club di razza fornire informazioni più dettagliate sulla figura e sull’opera dell’allevatore, asse portante di un indotto economico non trascurabile che interessa tante categorie satelliti. Auspichiamo tutti che i responsabili istituzionali del nostro Dogo Argentino, razza sulla quale il pubblico italiano ha rivolto un’attenzione sempre crescente, riescono a mantenere costantemente la situazione sotto controllo.
La Società riconosciuta dall’ ENCI è il DACI (Dogo Argentino Club Italia) molto ben orientata a salvaguardare la tipicità morfo caratteriale in sintonia con l’Associazione Mondiale Dogo Argentino (AMDA). Sotto questo aspetto gli Allevatori e gli appassionati della razza devono considerare con favore e attenzione tutte le migliori iniziative intraprese nel superiore interesse zootecnico.
Le novità, quando hanno un risvolto solo positivo, devono sempre essere accolte senza riserve. Faccio riferimento ai test morfocaratteriali che costituiscono un’attualità cinotecnica fondamentale e il parteciparci deve essere sentito come un atto di responsabilità verso la razza.
Nell’allevamento cinotecnico l’equilibrio del carattere è un fattore di selezione e nel nostro caso, pur trattandosi di mantenerlo, riveste importanza notevole per l’utilizzo nella guardiania cui può essere adibito questo cane nella nostra realtà occidentale dove è fortunatamente vietato quel tipo di caccia grossa che prevede l’impiego diretto e cruento del Dogo Argentino. Compito del cane guardiano è quello di tenere lontano l’estraneo dalla proprietà. La stessa presenza e l’abbaiare sono già ottimi deterrenti. Il Gogo guardiano è adatto allo scopo anche perché dotato di adeguato senso di territorialità e anche di aggressività utile in caso di intrusione di un malintenzionato. È sempre bene ricordare che l’aggressività è una componente del corredo genetico di tutti i carnivori in quanto contribuisce a garantire la sopravvivenza.
Non deve quindi essere demonizzata ne considerata alla stregua di un fattore negativo. Utilissima nelle razza di difesa personale perché ben incanalabile per le nostre esigenze, l’aggressività non deve essere stimolata in certe razze guardiane in quanto non sempre condizionabile all’addestramento. Nel nostro caso, in virtù delle specifiche peculiarità caratteriali, il Dogo Argentino è ben gestibile dal padrone esperto.
Accennavo prima alla diffusione numerica della razza, e il numero dei soggetti iscritti ai Registri Genealogici non necessita di commenti: 789 esemplari iscritti nel 2009, 799 nel 2010, 761 nel 2011, 934 nel 2012, 1108 nel 2013e 1143 nel 2014.
UNA NOTA CINOGNOSTICA
In altre occasioni ho riassunto i cardini del tipo sottolineando l’importanza giustamente data a pigmentazione e alla dentatura (fattori un tempo trascurati) senza addentrarmi in alcuni dettagli che mi sembrano però degni di nota. Esaminando la testa del Dogo Argentino, lo standard prevede pari lunghezza tra cranio e muso definendolo mesocefalo. Nella terminologia cinognostica la testa è mesocefala quando la larghezza del cranio misura la metà della lunghezza totale della testa. Personalmente non ho mai condiviso questa definizione. Nel caso in questione, mi sembra che la testa sia decisamente dolicocefala. Questa definizione classifica i cani in cui la lunghezza della testa è superiore alla larghezza. Nel caso opposto si parla di testa brachicefala.
Alla voce “orecchie” lo standard recita letteralmente “sono inserite lateralmente e alte, con una buona separazione delle stesse, data dall’ampiezza del cranio. Funzionalmente devono presentarsi amputate ed erette, di forma triangolare e di una lunghezza che non superi il 50% del bordo anteriore del padiglione auricolare dell’orecchio naturale. Integre sono di media lunghezza, ampie, grosse ed arrotondate all’apice. Il pelo è uniforme, più corte che nel resto del corpo e ci possono essere piccole macchie che non sono motivo di penalizzazione. Portate naturalmente pendenti, coprono la regione posteriore delle guance. In attenzione possono essere semierette.”
Si tratta evidentemente di una svista perché le orecchie semierette sono definibili come tali se si presentano per due terzi erette e un terzo piegate. E’ il caso classico del pastore scozzese o di alcune razze terrier. Nel caso del Dogo Argentino mi sembra più corretto parlare di orecchie semi pendenti, cioè appena scostate dai parietali. Per completezza di informazione, dirò che le orecchie sono definite pendenti quando sono completamente adagiate lungo la guancia.